MARCHE / Pesaro, Piazzale Matteotti, Statua di Odoardo Giansanti / Il protagonista di Piazza Matteotti è un uomo elegante, con il braccio alzato, così come si fa quando si vuole dare slancio alle parole, indossa un cilindro, tiene un bastone nella mano destra e una fisarmonica a tracolla, ma soprattutto è in compagnia di un cane dal volto così dolce da intenerire chiunque.

Il protagonista di Piazza Matteotti è un uomo elegante, con il braccio alzato, così come si fa quando si vuole dare slancio alle parole, indossa un cilindro, tiene un bastone nella mano destra e una fisarmonica a tracolla, ma soprattutto è in compagnia di un cane dal volto così dolce da intenerire chiunque. Impossibile non andare a salutarlo, leggendo le parole scritte ai piedi della statua.

A so machè
Cegh zop matt
A so tutt me

Odoardo Giansanti / Poeta 1852-1932

Ma chi è questo curioso poeta?

Odoardo Giansanti, detto Pasqualón fu un poeta italiano che, nonostante fosse quasi cieco, sciancato e povero, era ricco di intelligenza, arte e umorismo, doti che riversò per le vie della città dispensando versi dialettali. La gente veniva rallegrata dalla sua presenza, accogliendolo ogni giorno con profondo affetto e qualcosa da mangiare, perché non si vive di solo amore.
Nato durante l’occupazione degli austriaci non ebbe vita facile, terzo di cinque figli di cui l’unico sopravvissuto, si trovò come una novella Cenerentola sotto la tutela di una matrigna, che lo cacciò di casa. A soli dieci anni si trovò solo nel mondo, senza più nulla se non l’energia e la voglia di vivere che poteva avere un ragazzino. Partì per Roma alla ricerca di fortuna che purtroppo non trovò, finendo perfino in prigione per vagabondaggio. Tornato a Pesaro quasi cieco, triste e depresso, venne accolto in un manicomio, dove trovò conforto solo nella poesia dialettale. Passò intere giornate a comporre versi che piacquero a tal punto da riscuotere un grande successo. Tutti lo volevano ascoltare e, rinfrancato da questo suo inaspettato talento, si dedicò alla poesia di strada. Fu il riflesso dell’antico banditore, perché narrava della vita quotidiana, ma anche dei cambiamenti della società. I passanti lo ascoltavano con grande ammirazione, affascinati dalla sua incredibile memoria.
Nel 1887 venne pubblicato il primo libro dal titolo Pasqualoneidi, vincendo qualche anno dopo il primo premio al concorso di poesia dialettale all’Esposizione Regionale di Macerata del 1905. Avrà fortuna economica troppo tardi, perché morì povero, sostenuto dalla carità di chi gli voleva bene. Che poi l’amore forse non dà da mangiare al corpo ma, di sicuro, nutre l’anima. Chissà quanti banchetti da re ha nell’aldilà il nostro Odoardo!

Perché il cagnolino?

Non sappiamo se avesse avuto accanto un cane, vogliamo dunque leggerne la presenza in chiave metaforica. Il cagnolino ha certamente valenza simbolica di anima vagabonda, buona e fedele, che vive in libertà e viene aiutata da tutti. Un compagno di quartiere, un’amico di ognuno di noi, capace di donare affetto grazie a una carezza e una parola gentile.